IL SENSO DELLA VITA

C’è sempre un momento della vita in cui l’uomo si pone la domanda: qual’è il senso della vita umana ?
Purtroppo il progredire delle conoscenze scientifiche ci mostra un quadro piuttosto sconfortante: l’uomo è solo il mammifero più evoluto di un piccolo, insignificante, introvabile pianeta, che, a folle velocità, ruota attorno ad una piccola stella situata alla periferia di una galassia formata da 300 miliardi di stelle, che è solo una dei miliardi di galassie che ci sono nell’Universo.
Ci sono poi seri dubbi che questo Universo non sia unico, ma sia solo uno di una infinità di Universi che costituirebbero una struttura per noi inimmaginabile.
In questo quadro, la conclusione più razionale è che l’uomo, e tutto ciò che accade in questo angolo sperduto di Universo, non conti niente, non abbia nessun rilievo.
Eppure la nascita della vita su di un pianeta è un fenomeno estremamente complesso, altamente improbabile, probabilmente giustificato proprio dal numero inimmaginabile di pianeti presenti nel Cosmo: questo numero è talmente grande che, da qualche parte, deve necessariamente svilupparsi il fenomeno della vita.
Però, una volta innescatosi questo processo, diviene poi praticamente inarrestabile.
Un’altra evidenza che facciamo fatica ad accettare è che l’essere vivente nasce, vive e poi muore.
Nel corso dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta, si sono sviluppati sistemi nervosi sempre più complessi, fino alla comparsa di un organo preposto a questi sistemi, il cervello.
Negli esseri dotati di questo organo nasceva il fenomeno dell’autocoscienza, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili: con la consapevolezza di se, diveniva difficile accettare che la parentesi della vita altro non è che un intervallo tra un nulla ed un altro nulla.
Tra i mammiferi l’organismo si forma nell’utero della mamma ed è solo li che comincia a formarsi il cervello e la prima forma di coscienza di se, di sentirsi individuo. Questa coscienza scompare poi con la morte. Prima e dopo di nascita e morte, questa coscienza di se ovviamente non esiste.
Il maggior colpevole della formazione negli animali superiori del concetto di “io” è quella funzione del cervello che noi chiamiamo memoria.
Questa funzione si è lentamente evoluta nel corso dei millenni: se un essere vivente elementare per caso si bruciava, alcune cellule del suo primitivo apparato nervoso memorizzavano l’informazione, così che esso, in una occasione simile, si sarebbe automaticamente ritratto dal fuoco. L’evoluzione ha poi fatto il resto.
Qual’è allora lo scopo della vita sul nostro pianeta ?
La vita è caratterizzata da due proprietà fondamentali: un’inarrestabile spinta alla riproduzione, che, negli animali superiori, prende la forma del desiderio sessuale, ed un fortissimo istinto di sopravvivenza che serve ad evitare i pericoli e dal quale nasce la “paura della morte”.
Da queste due proprietà si evince che l’unico scopo della vita sia di conservare l’informazione contenuta nel DNA e di trasmetterla agli esseri futuri prima di morire.
Questa considerazione ci mostra che nell’Universo esiste dunque una qualche finalità, quasi come se l’Universo, o la struttura superiore alla quale esso appartiene, sia così immenso proprio perchè possa esistere la probabilità che, da qualche parte, possa svilupparsi il fenomeno della vita e successivamente quello dell’autocoscienza: sembra di assistere ad uno sforzo immane della materia per arrivare a conoscere se stessa.
C’è qualcuno che, in tutto ciò, intravede un “Disegno Intelligente” e questo termine potrebbe anche essere accettabile, ma non nel senso che ad esso danno le tre Religioni semitiche (Islam, Cristianesimo ed Ebraismo):
Queste tre Religioni sono nate quando si pensava che il pianeta Terra fosse tutto il Mondo e, sinceramente, ci sembra piuttosto infantile l’idea di un Dio antropomorfo, umanoide, geloso, vendicativo che non abbia null’altro da fare che occuparsi di quest’angolo sperduto dell’Universo, a meno che non si tratti di un Dio inferiore, un Dio “locale”, cioè una forza che domini solo il nostro pianeta. Ma un Dio così, non sarebbe poi necessariamente buono ….
Più ragionevole è invece pensare che l’evoluzione della materia verso la vita, con la nascita della mente, ci metta in contatto con una realtà superiore.
A questo proposito, siamo personalmente molto attratti dalla Cosmologia induista:
Esiste un Principio Supremo, il Brahman, privo di qualsiasi forma o definizione, indescrivibile, incorporeo, infinito, assoluto, trascendente ed immanente, eterno, senza inizio, senza fine, al di là di qualsiasi speculazione filosofica o moto devozionale.
Questo Principio si manifesta attraversi i cicli cosmici: i Kalpa.
Un Kalpa è chiamato “il giorno di Brahma” e consiste nella nascita dell’Universo, nella sua evoluzione, nella successiva involuzione e nella sua fine. I Kalpa sono infiniti. Quando termina un Kalpa tutti i piani dell’esistenza che conosciamo e non conosciamo vengono riassorbiti, compreso il mondo divino. Ciò che resta immutabile è solo il Brahman. Poi ricomincia un nuovo Kalpa.
Questa visione ci permetterebbe di non escludere l’esistenza di un mondo divino, ma, nello stesso tempo, ci mostra i suoi chiari limiti: il mondo divino fa parte integrante della manifestazione e scompare quando questa cessa.
Qual’è l’autorità di queste affermazioni?
La dottrina induista nasce 4.000 anni fa dall’esperienza diretta di quegli asceti che, dopo anni di meditazione in solitudine nelle foreste, avevano raggiunto l’Illuminazione.
Questi asceti ci lasciano un messaggio ottimista: nell’uomo è nascosto quel seme che ha causato, con uno sforzo immane, la nascita della vita dalla materia e la conseguente nascita della mente e, se l’uomo trova quel seme, raggiunge l’identificazione con l’Assoluto.
Questa Verità non è peculiare solo dell’Induismo. Tutti i grandi mistici di tutte le Religioni sono venuti a contatto con essa. A tal proposito ricordiamo le parole di Gesù Cristo riportate nel Vangelo di Tommaso:
“Il Regno dei Cieli è dentro di voi e fuori di voi. Colui che trova il senso segreto di queste parole non assaggerà la morte”.
Tra gli uomini che hanno raggiunto questa Consapevolezza, spesso chiamata Illuminazione o Liberazione, il Buddha è andato più avanti: ci ha lasciato la via per raggiungerla, sintetizzata nelle quattro nobili verità e nell’ottuplice sentiero da percorrere.
In questa breve nota abbiamo spesso menzionato la mente, nata, come detto, dalla materia, nel corso di milioni di anni di evoluzione.
Nata dalla materia, ma non materiale, quindi essenza partecipe di un mondo superiore.
Non è facile assumere la consapevolezza che tutta la nostra esperienza è mentale: l’oggetto che ritengo “fuori” di me è in realtà nella mia mente, ma anche il soggetto che crede di percepirlo, è in realtà nella mia mente.
L’Illuminazione consiste nella identificazione consapevole con l’Essere Reale che non è ne l’io che percepisce ne l’oggetto che viene percepito, ma il Testimone dell’intera rappresentazione.
Questo è il semplice messaggio che proviene da tutte le dottrine esoteriche tradizionali, sia orientali che occidentali che sintetizziamo, chiudendo, con la famosa affermazione del Buddha:
“Esiste, o monaci, un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato. Se non ci fosse questo non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, non si potrebbe scorgere via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato. Ma poiché, invece, c’è un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, si scorge una via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato”.

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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