IL PERCORSO INIZIATICO NELLA DIVINA COMMEDIA

Tutte le più grandi opere letterarie scritte nella storia dell’umanità contengono un messaggio esoterico comprensibile solo a quei pochi esseri umani che hanno raggiunto un elevato livello spirituale.
Questo messaggio può essere letto sia nella chiave Ermetico-Alchemica della Tradizione Occidentale sia in quella della via ascetica, induista o buddhista, delle Tradizioni Orientali.
Sono opere scritte da uomini adulti, veramente adulti, che si rivolgono a bambini.
A questa regola non fa eccezione Dante Alighieri che faceva parte di un ordine segreto iniziatico, “I Fedeli d’Amore”, insieme a molti altri poeti del Dolce Stil Novo.
Questo ordine occultava, nella figura della Donna, la Sapienza Trascendentale, la Sophia degli Gnostici, a cui tendeva l’Amore dell’iniziato, il cui fine ultimo era il ricongiungimento col Divino.
Questo simbolismo celava in realtà la via verso l’Illuminazione, comune a tutte le Tradizioni esoteriche, sia Occidentali che Orientali.
L’ordine dei Fedeli d’Amore era legato alla Tradizione custodita dai Cavalieri Templari che l’avevano ereditata dai loro contatti con confraternite iniziatiche in Terrasanta, fin dai tempi della Prima Crociata.
La Divina Commedia nasconde il completo percorso iniziatico dell’Adepto avvolto nell’oscurità del suo stato umano che dapprima discende agli inferi, poi inizia la sua lenta risalita attraverso la purificazione ed infine raggiunge la Luce.
Questo percorso è comune a molte Tradizioni Esoteriche Occidentali, come i Misteri dell’antica Grecia o la Grande Opera alchemica.
D’altra parte il poeta avverte esplicitamente il lettore:
“O voi ch’avete l’intelletti sani, mirate la Dottrina che s’asconde sotto il velame de li versi strani”.
“O voi che siete in piccioletta barca ….”
Quando l’uomo diventa consapevole di trovarsi in una “selva oscura” ha già fatto il primo passo sul sentiero: la maggioranza dell’umanità non se ne rende conto, non sa di trovarsi in uno stato di sofferenza atroce, ma Dante ne è ben consapevole:
“mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte”
Lo stato umano deriva da un “errore”, causato da un punto di vista sbagliato, che le Tradizioni Orientali definiscono “ignoranza” (Avidya). Questo errore nasce da quella che le dottrine esoteriche definiscono “caduta”.
Tanto è stato scritto sulle cause di questa “caduta” dell’Unico Principio Supremo che si è frammentato in miriadi di esseri senzienti, prigionieri di un mondo illusorio, ma Dante dice:
“Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai”.
Questo atteggiamento è identico a quello buddhista:
“se un guerriero è gravemente ferito con una freccia conficcata nel corpo, non si mette a chiedere chi ha scoccato la freccia, chi era suo padre, chi era sua madre, se fosse ricco o povero etc.etc… ma ogni suo sforzo deve essere concentrato ad estrarre la freccia”.
Dunque il primo passo del cammino iniziatico è il riconoscere di trovarsi in una “selva oscura”.
A questo passo segue la “morte” dell’io individuale con la discesa agli inferi e la sperimentazione di tutti i peccati, le nefandezze e le miserie umane.
Dopo queste terribili prove l’adepto finalmente “rivede le stelle” ed inizia la sua purificazione attraverso quel lungo cammino che, nella Divina Commedia, è la Cantica del Purgatorio.
Solo dopo queste prove, “Rifatto come piante novelle, rinnovellate di novella fronda, puro e disposto a salire alle stelle”, l’Adepto inizia a percorrere il sentiero verso l’Illuminazione, rappresentato, nella Divina Commedia, dalla Cantica del Paradiso.
Lo stato di Illuminazione raggiunto non può essere espresso con parole, “Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto”, ma il Poeta cerca egualmente di darcene un’idea:

“A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta”
………………………………………………….
“O luce etterna che sola in te sidi,
sola t’intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi”
………………………………………………….
“A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle”

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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