
C’è una frase attribuita ora a questo, ora a quell’altro autore, che sembra proprio rispondere al quesito del titolo :
“La cultura è ciò che resta quando si è dimenticato tutto quello che abbiamo imparato”.
Per ribadire questo concetto, riproponiamo una breve favola abbastanza diffusa in varie versioni :
Un giovane si recò da un anziano maestro e gli chiese :
“Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato quasi tutto, ma, allora, a che serve leggere ?”.
Invece di rispondere, il maestro, indicando un vecchio setaccio sporco che si trovava lì vicino, disse :
“Ho sete, portami dell’acqua con quel setaccio”.
Il giovane, pur essendo sorpreso per la risposta, obbedì all’anziano maestro e, recandosi al fiume, riempì di acqua il setaccio.
Ma, dopo pochi passi sulla via del ritorno, il setaccio era ormai ovviamente vuoto.
Il giovane tentò più volte l’operazione, correndo sempre più velocemente verso il maestro, ma il setaccio arrivava sempre vuoto. L’acqua continuava a passare attraverso i fori del setaccio e non c’era niente da fare.
Alla fine si arrese e disse all’anziano saggio :
“Maestro, ho fallito. Non riesco a portarti da bere”.
Il maestro rispose :
“No, non hai fallito. Guarda adesso come è pulito il setaccio. Sembra nuovo !
Tu sei come il setaccio e l’acqua è come i tanti libri che hai letto. Non importa se non riuscirai a trattenere nella tua memoria tutto ciò che i libri fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”.
Diceva lo storico Gaetano Salvemini in una intervista del 1908 :
“La cultura consiste non tanto nel numero delle nozioni e nella massa dei materiali grezzi che in un dato momento ci troviamo ad avere immagazzinato nella memoria, quanto in quella raffinata educazione dello spirito, reso agile ad ogni lavoro, ricco di molteplici e sempre deste curiosità, in quella capacità d’imparar cose nuove, che abbiamo acquistata studiando le antiche”.
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