NAPOLI TRA TRE VULCANI

La provincia di Napoli è caratterizzata dalla presenza di ben tre vulcani classificati ufficialmente attivi, ma in fase di quiescenza : Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia.
Si tratta di vulcani potenzialmente molto pericolosi in quanto hanno dato in passato anche eruzioni estremamente distruttive.
Li descriveremo uno alla volta.
1) VESUVIO :
Il Vesuvio è un vulcano attivo, ma la sua ultima eruzione è avvenuta nel lontano 1944, per cui lo si può considerare in “quiescenza”.
L’eruzione del 1944 provocò “solo” 26 morti e la distruzione, a causa delle colate laviche, di due centri abitati (Massa di Somma e San Sebastiano), ma altri sette paesi furono danneggiati dalla caduta di cenere e lapilli.
Anche se l’eruzione più nota fu quella del 79 dopo Cristo che distrusse Pompei ed Ercolano, il Vesuvio ha dato luogo ad innumerevoli eruzioni. Ben 68 dal 79 d.C. fino al 1944.
Di queste più di una decina sono state di tipo esplosivo, che sono le eruzioni più pericolose. Particolarmente violenta fu l’eruzione del 1631 che provocò circa 10.000 morti.
Tutte queste eruzioni furono sempre precedute da segni premonitori: piccoli terremoti, prosciugamento delle fonti, gas nelle falde acquifere, nervosismo degli animali, deformazioni del suolo.
Ma il Vesuvio è attivo da più di 25.000 anni e la zona dove ora sorge il vulcano era sede di attività vulcaniche da oltre 400.000 anni.
Vi sono le prove che nella preistoria avvennero eruzioni particolarmente violente. Forse la più terrificante fu quella denominata “pomici di Avellino” datata tra il 1880 ed il 1680 avanti Cristo, che interessò buona parte della Campania, anche le zone dove attualmente sorgono le città di Napoli ed Avellino. Il fatto che fa riflettere è che questa eruzione avvenne dopo un lungo periodo di quiescenza del vulcano.
Possiamo fare previsioni sul futuro del Vulcano? tutto quello che sappiamo è che, nel corso dei millenni, vi sono stati periodi di eruzioni frequenti, ad intervalli di tempo ravvicinati, e lunghi periodi quiescenza del vulcano.
La considerazione che più desta preoccupazione è che l’eruzione che avviene dopo un lungo periodo di quiescenza è quasi sempre particolarmente violenta.
Quali sono i rischi di una eventuale eruzione del Vesuvio? Ovviamente ciò dipende dal tipo di eruzione, ma dobbiamo considerare che attualmente la zona che potrebbe essere interessata è molto più densamente popolata del passato: chi vive a Napoli non può non provare un brivido nell’osservare migliaia di costruzioni che si arrampicano fin quasi sotto il cratere del vulcano.

La popolazione interessata ad una eventuale eruzione di media intensità è di 600.000 persone distribuite in 18 comuni che costituiscono la cosiddetta “zona rossa” del piano di evacuazione disposto dalla Protezione Civile. Ma potrebbero anche essere interessati (dipende dalla violenza dell’eruzione) anche più di un milione di abitanti che risiedono nella cosiddetta “zona gialla” costituita da 96 comuni.
Speriamo di sbagliare, ma siamo piuttosto scettici sulla riuscita di questo piano di evacuazione che riguarderebbe un numero enorme di persone, probabilmente in stato di panico, attraverso strade strette e tortuose, quali sono quelle dell’area vesuviana, basandosi peraltro su segni premonitori di dubbia valutazione.
Alcuni vulcanologi fanno poi notare che c’è un 4% di possibilità che il tipo di eruzione potrebbe richiedere l’evacuazione anche dell’intera città di Napoli, portando così a più di 3 milioni il numero di persone da allontanare dalla zona a rischio. Ma, anche se vi fossero segni premonitori inequivocabili, come si potrebbe mai prevedere il tipo e la violenza dell’eruzione?
A nostra consolazione vi è però la constatazione che il Vesuvio è costantemente tenuto sotto controllo, con rilevamento giornaliero di tutti i dati geofisici necessari, dall’Osservatorio Vesuviano che esegue anche un monitoraggio 24 ore su 24 degli altri due vulcani attivi della zona di Napoli (Campi Flegrei ed Ischia), attraverso una rete di stazioni sismiche distribuite su tutto il territorio.
2) CAMPI FLEGREI
A Nord-Ovest della città di Napoli c’è un’area vulcanica che potrebbe rivelarsi molto più pericolosa del più “celebre” Vesuvio: i Campi Flegrei.
Come il Vesuvio, anche in questo caso si tratta di un vulcano in quiescenza, cioè di un vulcano attivo la cui ultima eruzione è avvenuta moto tempo fa e precisamente nel 1538. In questa occasione si formò il “Monte Nuovo”, ancora oggi esistente. Può essere consolante la considerazione che questa eruzione è avvenuta dopo ben 3.000 anni di quiescenza e che è stata tra le eruzioni meno intense tra quelle avvenute nella zona.
Ma nel passato i Campi Flegrei sono stati teatro di eruzioni veramente devastanti:
39.000 anni fa avvenne l’eruzione detta dell’Ignimbrite Campana. Questa violenta eruzione esplosiva coinvolse tutta la regione Campania ricoprendola interamente di tufo e causando la distruzione e lo sprofondamento di vaste aree.
15.000 anni fa avvenne poi un’eruzione di intensità altrettanto violenta, denominata eruzione del tufo giallo napoletano.
Praticamente tutta la città di Napoli è stata costruita sui depositi di quest’ultima eruzione.
Successivamente, fino all’ultima eruzione del 1538, si sono succedute 56 eruzioni esplosive e 6 effusive.
Abbiamo detto che i Campi Flegrei sono un vulcano attivo ed infatti in tutto il territorio sono presenti, in diversi punti, manifestazioni gassose effusive ed anche fenomeni idrotermali.
Particolarmente interessanti sono i fenomeni osservabili nell’area della “Solfatara” con le sue famose fumarole, i suoi getti di fango bollente e la sua elevata temperatura superficiale. Ma la Solfatara è solo una delle 40 bocche vulcaniche dell’area e, purtroppo, su molte di queste bocche sono state costruite abitazioni, non solo nell’area flegrea, ma anche nei quartieri di Agnano e Fuorigrotta a Napoli.

Un altro elemento caratteristico dell’area flegrea è il fenomeno del bradisismo. Questo fenomeno si verifica in pochissimi luoghi del nostro pianeta e consiste in un periodico alzarsi ed abbassarsi del livello del suolo.
Il fenomeno di innalzamento è causato dalla spinta del magma sotterraneo e quello dell’abbassamento dal suo ritirarsi.
Il 28 settembre 1538, prima dell’eruzione che dette origine al Monte Nuovo, il mare si ritirò di 370 metri ed il suolo si alzò di oltre 7 metri !
In epoca recente segnaliamo il bradisismo del 1970-72, nel quale il livello del suolo si innalzò di un metro e mezzo, e quello del 1983-84, nel quale il livello del suolo si innalzò di un metro ed ottanta centimetri.
Quest’ultimo bradisismo fu accompagnato da uno sciame sismico di circa 10.000 scosse (circa 500 al giorno).

Il fenomeno del bradisismo causò l’allontanamento di gran parte della popolazione di Pozzuoli, a causa degli evidenti danni alle abitazioni e la costruzione del Rione Toiano negli anni ’70 e della frazione di Monteruscello negli anni ’80 per ospitare gli sfollati.
Un ottimo testimone del fenomeno del bradisismo sono le colonne del Tempio di Serapide a Pozzuoli che, parzialmente immerse nell’acqua, mostrano i segni dell’innalzamento e dell’abbassamento del livello del mare sulle loro superfici.
Il fatto è che, al di sotto dei Campi Flegrei, alla profondità di 8-10 kilometri, vi è un enorme bacino magmatico in continuo movimento che non è solo la causa del bradisismo, ma anche delle periodiche eruzioni.
I vulcanologi sono del parere unanime che una prossima eruzione ci sarà certamente, ma nessuno è in grado di stabilire quando: potrebbe essere fra 1.000 anni, fra 100 anni o anche fra un anno.
L’unica cosa che si può fare è monitorare 24 ore su 24 il vulcano per verificare l’eventuale insorgenza di fenomeni premonitori quali sciami sismici, bradisismo e, non ultimo. segni di nervosismo tra gli animali.
3) ISCHIA :
La maggior parte dell’isola è costituita da depositi di eruzioni sia effusive sia esplosive (lave e tufi), prodotti da bocche eruttive, alcune delle quali ancora ben visibili nel settore sud-orientale dell’isola. Molto diffusi sono anche i depositi di frane derivanti dall’accumulo di materiale vulcanico preesistente.
Viste le caratteristiche di pericolosità vulcanica, l’eventuale ripresa dell’attività eruttiva avrebbe delle conseguenze rilevanti sull’intero territorio e sulla popolazione.

L’evento che ha segnato la storia geologica dell’isola è l’eruzione del Tufo Verde dell’Epomeo. L’eruzione fortemente esplosiva, verificatasi circa 55.000 anni fa, è responsabile della formazione di una caldera sommersa che occupava la zona in cui oggi si trova la parte centrale dell’isola.
Dopo l’eruzione del Tufo Verde, l’attività vulcanica è proseguita con una serie di eruzioni esplosive, fino a circa 33.000 anni fa.

Circa 10.000 anni fa, dopo un periodo di stasi relativamente lungo, l’attività è proseguita anche in epoca storica con una serie di eruzioni, di cui l’ultima avvenuta nel 1302 d.C.. L’inizio dell’eruzione fu improvviso e violentemente esplosivo, seguito da emissione di grandi volumi di pomice e cenere che oscurarono il cielo e ricaddero su tutta la parte orientale dell’isola.
Successivamente, l’emissione di una colata da un cratere, apertosi in zona Fiaiano, raggiunse la spiaggia tra il Porto d’Ischia e Ischia Ponte con un fronte largo circa 1 km e distrusse l’antico centro urbano della Geronda devastando l’intero versante nord-orientale dell’isola. L’eruzione seminò panico e costrinse molta gente a fuggire verso le isole vicine e la terraferma. Le cause di molte vittime furono apparentemente asfissia e forti emissioni di gas.

Il fenomeno più rilevante di Ischia consiste in un continuo sollevamento, 800 metri negli ultimi 30.000 anni, quasi certamente dovuto all’azione di spinta esercitata dalla risalita di magma e dalla presenza di un serbatoio magmatico situato sotto il Monte Epomeo a 4-6 chilometri di profondità.
La maggior parte dell’attività vulcanica recente di Ischia è stata prodotta da bocche eruttive che si sono aperte ai margini del blocco sollevato del Monte Epomeo.
Le ricerche effettuate inducono a ritenere che una ripresa dell’attività vulcanica potrebbe avvenire qualora una nuova fase di sollevamento del monte riattivasse le faglie attraverso le quali il magma può giungere in superficie.

L’intensa attività idrotermale (acque calde ed emissioni di gas) e la storia eruttiva indicano che l’isola di Ischia è un’area vulcanica ancora attiva.
L’insieme delle conoscenze scientifiche in materia consente di affermare che Ischia mostra un livello di pericolosità vulcanica assolutamente non trascurabile, anche in confronto agli altri due vulcani campani (Vesuvio e Campi Flegrei) meglio conosciuti a livello mediatico.
Nonostante questi ultimi rappresentino il problema maggiore da un punto di vista di protezione civile (anche a causa dell’elevata urbanizzazione del territorio circostante), l’isola d’Ischia ha tuttavia l’aggravante dell’ancor minore percezione che turisti e residenti hanno del rischio vulcanico, nonché l’ulteriore difficoltà nella gestione di una eventuale emergenza rappresentata dall’isola in quanto tale.

La fonte di tutti i dati di questo articolo è l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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