MECCANICA QUANTISTICA : CONSEGUENZE FILOSOFICHE DELL’INTERPRETAZIONE DI COPENAGHEN

L’interpretazione di Copenaghen della Meccanica Quantistica è stata formulata dai primi scienziati che si sono occupati di questo campo della Fisica moderna e cioè Niels Bohr e Werner Heisenberg e successivamente accettata da altri grandi scienziati quali Wolfang Pauli, Paul Dirac, Julius Robert Oppenheimer e John von Neumann negli anni 1924-27.
Essa rappresenta l’interpretazione più autorevole e diffusa della Meccanica Quantistica.
La Fisica classica si è occupata per secoli del mondo macroscopico, cioè del piano di esistenza umano, così come è rappresentato nel nostro cervello grazie ai cinque sensi.
Le sue leggi sono rigorosamente valide, ma, aggiungiamo, solo nel piano di esistenza umano.
La Meccanica Quantistica invece ha cominciato ad indagare su quel “substrato universale” che costituisce tutto l’esistente e che non esitiamo a definire “mondo reale”.
Il primo punto da evidenziare è che, sia la luce, sia le particelle che costituiscono gli atomi, sono costituite da piccolissimi “quanti” di energia che hanno una duplice natura: ondulatoria e corpuscolare.
Tutte le osservazioni a livello subatomico hanno confermato che le particelle materiali hanno tutte le caratteristiche delle onde, ma, all’atto dell’osservazione, presentano un comportamento corpuscolare.
Queste onde quantistiche sono funzioni oscillanti nello Spazio-Tempo e sono descritte dalla famosa equazione di Schrodinger.
La funzione d’onda ha una natura probabilistica. Essa rappresenta l’insieme delle possibilità che una grandezza fisica legata alla particella (per esempio la sua posizione) può assumere. Il suo quadrato è la probabilità concreta di dove potrebbe trovarsi la particella.
Possiamo oggi tranquillamente affermare che una particella subatomica è un’onda di probabilità, con buona pace del determinismo della Fisica Classica. L’osservatore poi vedrà uno degli stati possibili della particella.
Solo l’atto di osservare, compiuto da un essere cosciente, è in grado di trasformare una probabilità di esistenza in una esistenza vera e propria.
Secondo l’interpretazione di Copenaghen la funzione d’onda descrive un’insieme di possibilità tutte copresenti e solo il processo della misura la fa collassare in un unico e solo stato osservabile.
Possiamo tranquillamente affermare che in un oceano di probabilità, l’osservatore crea la sua realtà.
Il problema principale che incontriamo nel comprendere le ultime scoperte della Fisica è che la nostra rappresentazione della Realtà è basata sui cinque sensi e, sopratutto, sulla vista ed il tatto: quando ci riferiamo a protoni, neutroni, elettroni, fotoni, neutrini etc…, non possiamo fare a meno di immaginarli come “palline microscopiche materiali” e non vi è niente di più falso: la realtà sottostante al nostro mondo macroscopico è assolutamente immateriale e contiene tutte le infinite possibilità di esistenza, una delle quali “viene alla luce” laddove esista un “osservatore”.
In base a queste considerazioni iniziali, per tentare di conciliare il pensiero dei grandi filosofi con le meravigliose scoperte della Fisica moderna, possiamo affermare che esiste un’unica Realtà che, usando il linguaggio del grande Filosofo Spinoza, ci piace definire “Sostanza”, con queste proprietà:
La Sostanza, ente immutabile, unico realmente esistente, è tutto ciò che esiste. Non esiste nulla al di fuori della Sostanza.
La sostanza è “Causa Sui”, causa di se stessa, nessuno ha creato la Sostanza, in quanto non esiste nulla se non la Sostanza.
La Sostanza è il substrato di tutte le cose, realtà apparenti, diversamente rappresentate in infiniti piani della realtà, uno dei quali è quello umano.
Queste realtà apparenti sono denominate in filosofia “accidenti”.
Tutti gli Universi possibili, con la loro immensità, le galassie, le stelle, i pianeti, gli esseri viventi e non, sono solo un aspetto in cui si mostra la Sostanza in uno degli infiniti piani di esistenza in essa concepibili: dunque “accidenti” che necessitano della presenza di un osservatore nello stesso piano di esistenza.
Lo stesso essere umano, aggregato di queste particelle che emergono dal substrato universale, ha realtà solo nel suo piano di esistenza macroscopico.
Ma come nasce la sua rappresentazione del mondo ?
Abbiamo detto che il piano dell’esistenza macroscopico in cui viviamo è costituito da atomi che sono oggetti inconoscibili che “emergono” da una Realtà più profonda.
Questi atomi emettono Radiazione Elettromagnetica, una perturbazione dello Spazio-Tempo la cui natura è ondulatoria.
Gli esseri viventi di questo pianeta percepiscono solo una minima parte di questa Radiazione, compresa in un ristretto intervallo di lunghezze d’onda.
Questa minima parte colpisce la retina, in fondo all’occhio e delle cellule specializzate (i coni ed i bastoncelli) la trasformano in deboli impulsi elettrici.
Questi impulsi elettrici attraversano un sottile filo, il nervo ottico, e giungono in una certa zona del cervello.
In questa zona il nostro cervello genera quelle immagini fantasiose che noi chiamiamo realtà. I dati caotici che riceviamo, li ordiniamo secondo due “Categorie”, lo Spazio ed il Tempo, che non esistono nella realtà, ma che servono solo a creare il nostro mondo illusorio.
Si badi bene che anche la percezione del nostro corpo, e quindi anche del nostro cervello, rientra in questa rappresentazione illusoria.
Allora, che cos’è la “realtà” del mondo della fisica quantistica secondo l’interpretazione di Copenaghen? Il mondo è un’indefinita nube quantica pervasa dalle onde di probabilità o funzioni d’onda. Ogni tanto una di queste onde collassa, e allora compare la nostra realtà e le relative quantità fisiche assumono dei valori per noi misurabili.
Secondo l’interpretazione di Copenaghen la realtà come noi la concepiamo non esiste, esiste solo l’astratta funzione d’onda con le sue potenzialità.
Solo a seguito della nostra osservazione la funzione d’onda collassa e si attualizza in qualcosa di reale. Quindi è la nostra osservazione che crea una realtà soggettiva.
Sorge a questo punto il serio dubbio : esiste l’Universo senza una mente che lo percepisce, dato che, se non esistesse nessuno ad osservarlo, resterebbe nel limbo delle infinite possibiltà che potrebbero emergere dal substrato universale ?
In effetti Il nostro Universo e tutto ciò che contiene, quindi anche l’uomo stesso, sono solo un’apparenza macroscopica tra le tante apparenze possibili.

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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