
Domenica 23 Novembre 1980, alle ore 19.54, una poderosa scossa di terremoto di Magnitudo 6.9 Richter, durata ben un minuto e mezzo, sconvolse una vastissima area dell’Italia centro-meridionale.
Il bilancio definitivo di questa immane tragedia fu di 2.914 morti, 8.848 feriti e 280.000 sfollati.
Le distruzioni furono tali che alla scossa fu assegnato il decimo grado della scala Mercalli che appunto si basa sull’entità degli effetti che un terremoto produce sulla superficie terrestre su persone, cose e manufatti.
L’epicentro della scossa fu tra i comuni di Teora (AV), Conza della Campania (AV) e Conza (SA) e l’ipocentro fu situato a 10 km di profondità.
Le distruzioni valutate del decimo grado della scala Mercalli riguardarono una vasta area di 17.000 chilometri quadrati situata tra le province di Avellino, Potenza e Salerno, ma gli effetti del terremoto, con vittime, crolli e danni di varia entità, riguardarono praticamente tutta l’Italia centro-meridionale.
Il bilancio definitivo del terremoto ha determinato in 679 il numero dei comuni che hanno subito danneggiamenti, morti, feriti e sfollati, situati in otto province italiane : Avellino, Benevento, Salerno, Caserta, Napoli, Matera, Foggia e Potenza.
Le abitazioni distrutte o danneggiate dal sisma sono state in tutto 362.000.
Solo a titolo di esempio sugli effetti del sisma fuori della zona epicentrale, consideriamo che a Napoli, a più di 80 km dall’epicentro, si registrarono 52 morti e numerosi crolli tra i quali quello del tetto dello Sferisterio nel quartiere di Fuorigrotta e di un palazzo intero nel quartiere di Poggioreale.
La mia esperienza personale a Napoli, a più di 80 km dall’epicentro :
Quella domenica sera eravamo in casa io e mia figlia di cinque anni, con la quale stavo giocando seduto sul pavimento, e mia madre in cucina.
Alle 19.35 il palazzo cominciò ad ondeggiare paurosamente e si sentivano rumori e scricchiolii provenienti da tutta la casa.
Presi mia figila in braccio e, con la nonna, corremmo sotto l’arco della porta di ingresso dove ci fermammo.
Nella corsa notai numerose crepe che si erano aperte sulle pareti.
La scossa sembrò interminabile : mia figlia chiedeva “ma quando finisce ?”. Dopo sapemmo che era durata un minuto e mezzo.
Quando aprii la porta di ingresso, vidi le corde dell’ascensore che ancora ondeggiavano paurosamente.
I vicini di casa non riuscivano ad uscire dall’appartamento, perché la loro porta di ingresso si era bloccata. Poi con un grande sforzo anche mio dall’esterno, riuscimmo ad aprirla.
Scendemmo poi tutti per le scale ed andammo sul lungomare dove si era radunata una folla di persone terrorizzate.
Mia sorella stava tornando a Napoli in aereo, ma l’aereo tornò indietro verso l’aeroporto di Roma, ed i passeggeri furono avvertiti che a Napoli c’era un terremoto.
Quella sera stessa e anche i giorni successivi ci furono molte repliche, alcune anche forti, per cui mia figlia e la mamma, che era riuscita a raggiungerci, dormirono alcuni giorni in macchina, mentre io preferii dormire in casa , spostando un letto vicino alla porta di ingresso.
Non auguro a nessuno un’esperienza simile.
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