Il filosofo inglese George Berkeley (1685-1753) è rimasto famoso per la sua affermazione “Esse est percipi” (Esistere è essere percepito) il cui significato è che tutto ciò che noi possiamo dire degli oggetti e dei fatti che ci sembrano reali è che “li percepiamo”, senza che ciò ci autorizzi a dire anche che essi esistano indipendentemente dall’essere pensati-percepiti.
In realtà il dibattito sull’esistenza o meno di una causa esterna alla nostra rappresentazione mentale è sempre stato molto acceso.
Comunque, anche volendo ammettere l’esistenza di questa causa esterna, rimane in ogni caso una profonda frattura tra la rappresentazione mentale e la sua eventuale inconoscibile causa esterna.
Già il filosofo Cartesio (1596-1650) fu costretto ad introdurre la distinzione tra res cogitans e res extensa : La prima è la realtà psichica dotata di consapevolezza, inestensione e libertà, mentre la seconda è la realtà fisica, inconsapevole, estesa e limitata.
Successivamente Il filosofo Kant (1724-1804) fece un notevole passo avanti su questa questione affermando che esiste una causa per la nostra rappresentazione mentale, il Noumeno, ma aggiunse che questa “cosa in sé” è per noi totalmente inconoscibile.
Sempre secondo Kant, spazio e tempo non sono inerenti al Noumeno, ma “forme a priori” della mente con le quali viene “ordinata” l’esperienza mentale. Dunque il Noumeno, la cosa in sé, è immateriale, inconoscibile, al di fuori dello spazio e del tempo.
La successiva filosofia idealista, soprattutto in alcuni esponenti, cominciò poi a mettere in dubbio la necessità dell’esistenza di una causa esterna alla nostra esperienza mentale, affermando che tutta la realtà è esclusivamente pensiero o, se preferite, mente.
Quest’ultimo concetto era in realtà già presente da secoli in molte filosofie orientali come, ad esempio, lo Yogacara buddhista e, soprattutto in quasi tutte le dottrine esoteriche.
A tale proposito ricordiamo solo il primo principio del Kybalion :
“Tutto è mente. L’Universo è mentale. Colui che ben afferra questa verità, possiede un grande sapere”.
Tutta la Scienza degli ultimi secoli, invece, fino alla scoperta della Meccanica Quantistica, si è basata sul dualismo res cogitans-res extensa : pur riconoscendo che la nostra rappresentazione mentale non ha nulla a che vedere con la realtà, ha sempre presupposto che le sue leggi e misurazioni si riferissero ad una realtà esterna alla mente, caratterizzata da materialità ed estensione.
Dunque l’atteggiamento scientifico ordinario ammette l’esistenza di una res extensa della quale gli esseri viventi fanno, attraverso i sensi, una rappresentazione mentale:
Sappiamo che la Materia è costituita da atomi. Questi atomi emanano continuamente Radiazione Elettromagnetica. Questa radiazione ha natura ondulatoria e ed è costituita da un fascio di onde con una vasta gamma di lunghezze d’onda differenti. La Radiazione Elettromagnetica viene di solito suddivisa in otto parti che, dalla lunghezza d’onda più piccola alla più grande, sono: raggi gamma, raggi x, raggi ultravioletti, luce visibile, raggi infrarossi, onde corte, onde medie ed onde lunghe.
Di tutta questa radiazione, il nostro occhio ne percepisce solo una minima parte, che, appunto, viene chiamata “Luce Visibile”.
Questa minima parte della radiazione raggiunge la retina in fondo all’occhio, dove delle cellule specializzate, i coni ed i bastoncelli la trasformano in una debole corrente elettrica. Questa debole corrente percorre un sottile filo (il nervo ottico) e giunge in una certa zona del cervello. In questa zona il nostro cervello genera quelle immagini fantasiose che noi chiamiamo realtà.
Se vogliamo poi seguire l’intuizione di Kant, possiamo affermare che i dati caotici che riceviamo li ordiniamo poi secondo due “forme a priori”, lo Spazio ed il Tempo, che non esistono nella realtà, ma che servono solo a creare il nostro mondo illusorio.
Successivamente le scoperte della Meccanica Quantistica hanno indotto anche alcuni scienziati a dubitare della differenziazione tra res cogitans e res extensa : la mente e la realtà fenomenica interagiscono: l’Universo è un tutto unico, non più con un osservatore da una parte e ciò che è osservato dall’altra.
“Atomo” è solo il nome di un oggetto inconoscibile ed ora, grazie ai progressi della Meccanica Quantistica, sappiamo bene che i suoi costituenti non possono certo definirsi “materiali”: le particelle subatomiche hanno tutte le caratteristiche delle onde e, solo all’atto dell’osservazione, presentano un comportamento corpuscolare.
Queste onde si propagano nello Spazio-Tempo (un ente, si badi bene, che non è né spazio, né tempo) ed hanno una natura “probabilistica”: è solo l’atto dell’osservazione che trasforma questa “probabilità di esistenza” in esistenza nel nostro piano della realtà.
Non esiste dunque una realtà oggettiva della Materia, ma solo una realtà creata di volta in volta dalle osservazioni dell’uomo: in un oceano di probabilità, l’osservatore crea la sua realtà.
A questo proposito noi umani abbiamo un problema:
La nostra rappresentazione della Realtà è basata sui cinque sensi e, sopratutto, sulla vista ed il tatto: quando ci riferiamo a protoni, neutroni, elettroni, fotoni, neutrini, gluoni, mesoni, bosoni, quark etc… e li chiamiamo “particelle”, non possiamo fare a meno di immaginarli come “palline microscopiche materiali” e non vi è niente di più falso.
La prima convinzione radicata che dobbiamo subito abbandonare è dunque la definizione di Materia che ci dà la Fisica Classica: “Materia è tutto ciò che ha una massa ed occupa uno spazio”.
Questa definizione va bene nel nostro piano dell’esistenza, ma è bene cominciare a capire che si tratta di una realtà creata da un punto di vista molto limitato: dobbiamo renderci conto che il mondo “macroscopico” in cui viviamo non è il mondo reale, ma quello rappresentato da un “osservatore” altrettanto macroscopico.
Cosa sono dunque queste particelle elementari che costituiscono la materia, causa della nostra rappresentazione illusoria della realtà ?
Tutte le osservazioni a livello subatomico hanno confermato che le particelle materiali hanno tutte le caratteristiche delle onde, ma, all’atto dell’osservazione, presentano un comportamento corpuscolare.
Dunque la “materialità” è una caratteristica del mondo illusorio creato dall’osservatore, non del mondo reale.
Queste onde quantistiche sono funzioni oscillanti nello Spazio-Tempo e sono descritte dalla famosa equazione di Schrodinger.
Questa equazione, la funzione d’onda, ha una natura probabilistica. Essa rappresenta l’insieme delle possibilità che una grandezza fisica legata alla particella (per esempio la sua posizione) può assumere. Il suo quadrato è la probabilità concreta di dove potrebbe trovarsi la particella.
Solo l’atto di “osservare”, compiuto da un essere cosciente, è in grado di trasformare una “probabilità di esistenza” in una esistenza vera e propria, una delle tante esistenze possibili.
Non esiste dunque una realtà oggettiva, ma solo una realtà creata di volta in volta dalle osservazioni dell’uomo. In un oceano di probabilità, l’osservatore crea la sua realtà.
Dobbiamo dunque cominciare ad abituarci al fatto che la mente e la realtà fenomenica interagiscono: l’Universo è un tutto unico, non più con un osservatore da una parte e ciò che è osservato dall’altra.
Chiudiamo questa breve nota con una considerazione del Fisico Fritjof Capra, autore del famoso libro “Il Tao della Fisica”:
“La Meccanica Quantistica ci costringe a vedere l’Universo non come una collezione di oggetti fisici separati, bensì come una complicata rete di relazioni tra le varie parti di un tutto unificato. Questo, peraltro, è anche il tipo di esperienza che i mistici orientali hanno del mondo, e alcuni di essi hanno espresso tale esperienza con parole che sono quasi identiche a quelle usate dai fisici atomici”.
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