AVIDYA, IGNORANZA METAFISICA

Chi non è ancora giunto alla consapevolezza che la condizione umana (e di tutte le forme viventi) è uno stato di atroce sofferenza, difficilmente comprenderà il senso di questa breve nota.
Questa consapevolezza è propria di quei pochi individui che hanno sperimentato stati di esistenza superiore o che semplicemente hanno compreso l’insegnamento dei pochi risvegliati apparsi nella storia dell’umanità.
Il senso reale di tutte le diverse dottrine esoteriche si potrebbe riassumere nell’affermazione “l’uomo è un Dio che non sa di essere tale ed è unicamente questo suo non sapere che lo tiene incatenato nella condizione umana”.
Nelle Tradizioni orientali questo “non sapere” è denominato “Avidya”, termine che generalmente viene tradotto con “Ignoranza”.
Abbiamo scritto Ignoranza con l’iniziale maiuscola, perché si tratta di un’Ignoranza metafisica, primo stadio di una complessa “genesi condizionata”, cioè di quella catena di eventi metafisici per i quali l’uomo si trova precipitato nel mondo sensibile, un processo istantaneo ed immediato che avviene “qui ed adesso”, fuori dello spazio e del tempo, causa del punto di vista illusorio in cui egli si trova.
Questa catena prende l’avvio da un “Errore”, uno sciagurato errore : Avidya, appunto, che, istantaneamente, dà l’avvio ad una serie di stadi atemporali il cui risultato finale è l’illusione di un io individuale e di un mondo “esterno” e diverso da questo io.
In questo senso Avidya è la causa di quella che, nelle Tradizioni esoteriche occidentali, viene definita “Caduta”, “Discesa”, “Colpa” etc ….. Essa è la causa della “Espulsione dal Paradiso terrestre”, del “precipitare della Sophia nei mondi inferiori” etc…, uno stato di oblio, di accecamento per cui l’Essere Reale entra in uno stato costante di agitazione, turbamento, desiderio, attaccamento, repulsione, paura, dolore, insoddisfazione, brama di esistere, brama di oggetti sensuali : la condizione umana. L’uomo dunque, a causa di Avidya, è prigioniero di un mondo di tenebre e non ha più ricordo della sua vera natura.
Si tenga presente che Avidya non può essere considerata né come “assolutamente esistente” né come “assolutamente inesistente”, in quanto è al di là dell’esistenza, dello spazio e del tempo. Essa è dovuta alla Maya, il potere dell’unica realtà esistente, il Brahman, quel potere per il quale, all’interno dell’Uno, esistono innumerevoli piani dell’esistenza compenetrati tra loro, tra i quali quello umano, tutti egualmente illusori ed irreali.
Non per niente il grande filosofo tedesco Arthur Schopenhauer coniò l’espressione “Velo di Maya” per intendere un’entità di natura metafisica e illusoria, che separa gli esseri individuali dalla conoscenza della realtà ed impedisce loro di ottenere la liberazione dalla loro tragica condizione, tenendoli così incatenati nel loro piano di esistenza irreale.
Questo velo è rappresentato dall’identificazione con il corpo, con la mente, con l’intelletto, con la propria stessa individualità, con il senso dell’io, ovvero con tutto ciò che ricopre e riveste l’Atman (che altro non è che l’unica entità eterna ed immortale, coincidente con il Brahman universale), impedendo così di riconoscere la propria identificazione con Esso ed illudendo l’anima individuale di essere un individuo distinto dal tutto.
Avidya è anche il fuoco del “Mito della caverna” di Platone, che illumina la parete interna della grotta nella quale gli uomini, incatenati dalla nascita col viso verso di essa, credono reali le ombre delle persone che passano davanti all’uscita alle loro spalle.
Dunque, per quanto detto, Avidya è semplicemente l’errata percezione della Realtà che fa credere all’uomo reale ciò che non è reale, compresi il suo io individuale e quello che egli ritiene “mondo esterno all’io”.
L’azione di Avidya è ben descritta nel Paticca-Samuppada-Vibhanga Sutta buddhista:
“Dall’ignoranza (Avidya) come condizione derivano le predisposizioni karmiche. Dalle predisposizioni karmiche come condizione deriva la coscienza. Dalla coscienza come condizione derivano il nome e la forma. Dal nome e dalla forma come condizione derivano i sei sensi. Dai sei sensi come condizione deriva il contatto. Dal contatto come condizione derivano le sensazioni. Dalle sensazioni come condizione deriva la brama. Dalla brama come condizione deriva l’attaccamento. Dall’attaccamento come condizione deriva il divenire. Dal divenire come condizione deriva la nascita. Dalla nascita come condizione si producono l’invecchiamento e la morte, il dolore, i lamenti, l’angoscia e la disperazione. Tale è l’origine di questa massa intera di dolore e sofferenza. E cos’è l’ignoranza? Non conoscere la sofferenza, non conoscere l’origine della sofferenza, non conoscere la cessazione della sofferenza, non conoscere il sentiero o la pratica che conduce alla cessazione della sofferenza: Questo stato è chiamato ignoranza”.
Tutte le dottrine Esoteriche, sia in Oriente che in Occidente, indicano all’uomo il difficile e lungo cammino per rimuovere Avidya e tornare alla vera propria natura, alla condizione reale dell’identificazione con l’unico Assoluto esistente, attraverso una Dottrina che lo stesso Buddha non esita a definire “Profonda, difficile a percepire, difficile ad intendere, elevata, irriducibile al pensiero discorsivo, sottile, accessibile soltanto ai saggi, che si cela a coloro che soggiacciono alla brama, avvolti in una tenebra fitta”.

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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