LA MEDITAZIONE SECONDO KRISHNAMURTI

Scrivere un articolo sulla meditazione è un’impresa ardua, se non impossibile, perchè in realtà non la si può insegnare.
Abbiamo perciò scelto di riportare alcune considerazioni del maestro Jiddu Krishnamurti tratte da alcuni dei suoi numerosi libri.
Krishnamurti, nato in India, è universalmente considerato uno dei più grandi pensatori e maestri religiosi di tutti i tempi e non volle mai riconoscersi in nessuna religione, setta, filosofia o scuola di pensiero.
Egli, in contrasto con tutta la tradizione induista e buddhista, ha sempre sostenuto che per la meditazione non occorre nessuna tecnica, come dimostrano, aggiungiamo noi, i grandi mistici cristiani ed i Sufi islamici che “hanno trovato Dio nel profondo del loro Se”, senza conoscere o utilizzare le tecniche delle asana (posizioni da assumere) e del pranayama (controllo del respiro).
Prima di procedere è bene chiarire che anche il termine italiano “meditazione” è inappropriato, in quanto presuppone un oggetto su cui meditare, mentre, nella vera meditazione, non c’è alcuna concentrazione su qualsiasi oggetto, immagine, pensiero o divinità.
Per questo motivo sarebbe meglio utilizzare il termine sanscrito dhyana che è intraducibile in qualsiasi lingua occidentale.
Potremmo tentare di definire dhyana come la cessazione di ogni pensiero, il superamento dell’io individuale, ottenendo la percezione di una vastità inimmaginabile ed indescrivibile: la scoperta nella profondita del proprio Sé dell’unico Assoluto esistente.
Lasciamo ora parlare Krishnamurti:

“Fate che la mente sia vuota, e non piena con le cose della mente. Allora ci sarà solo meditazione, e non un meditatore che sta meditando. La mente irretita dalla fantasia può solo nutrire illusioni. La mente deve essere chiara, senza movimento, e nella luce di quello splendore l’Eterno è rivelato”.

“La meditazione è come l’acqua che tutti possono bere da qualsiasi recipiente, che sia un vaso d’oro o una brocca d’argilla: è inesauribile. E accade una cosa particolare, che né le droghe né l’autoipnosi possono dare: è come se la mente entrasse in se stessa, dapprima alla superficie, per poi penetrare sempre più profondamente, finché profondità e altezza non hanno più senso e ogni sistema di misura scompare. In questo stato vi è una pace totale, non la soddisfazione che deriva dalla gratificazione, ma una pace che ha in sé ordine, bellezza e intensità. Può essere distrutta, così come si può distruggere un fiore, eppure, proprio a causa della sua vulnerabilità, è indistruttibile. Questa meditazione non la si può apprendere da un altro. Dovete cominciare senza saperne nulla e muovervi nell’innocenza”.

“Meditazione è scoprire se il cervello, con tutte le sue attività, le sue esperienze, può essere assolutamente acquietato. Non costretto, perché quando c’è costrizione, c’è dualità. L’entità che dice: “Vorrei avere esperienze meravigliose, perciò devo costringere il mio cervello a essere quieto”, non ci riuscirà mai. Ma se cominciate a indagare, a osservare, ad ascoltare tutti i movimenti del pensiero, i suoi condizionamenti, i suoi slanci, le sue paure, i suoi piaceri, a guardare come funziona, allora vedrete che il cervello diventerà estremamente quieto, una quiete che non è sonno ma è straordinariamente attiva e quindi è quiete. Una grossa dinamo che funzioni perfettamente, quasi non fa rumore: soltanto quando c’è attrito c’è rumore”.

“Una mente meditativa è silenziosa. Non quel silenzio che può essere concepito dal pensiero, non il silenzio di una placida sera, ma quel silenzio che sorge quando il pensiero, con tutte le sue immagini, tutte le sue parole e tutte le sue percezioni, è interamente cessato. Questa mente meditativa è la mente religiosa: una religione in cui non vi sono chiese, templi, canti.
La mente religiosa è l’esplosione dell’amore: l’amore che non conosce separazione. Per questo amore il lontano è vicino. Non è l’uno né i molti, bensì quello stato di amore in cui cessano tutte le divisioni. Come la bellezza, non è a misura delle parole. Solo a partire da questo silenzio agisce la mente meditativa”.

“La meditazione non è mai preghiera. La preghiera, la supplica, nasce dall’autocommiserazione. Si prega quando si è in difficoltà, quando c’è il dolore; ma quando c’è felicità, gioia, non c’è supplica. Questa autocommiserazione, così profondamente radicata nell’uomo, è la radice della separazione. Ciò che è separato, o che si crede separato, sempre alla ricerca dell’identificazione con qualcosa che non sia separato, crea solo maggiore divisione e pena. Dal fondo di questa confusione si invoca il cielo, o qualche divinità della mente. Questa invocazione può trovare una risposta, ma la risposta è l’eco dell’autocommiserazione nella sua separazione. La ripetizione di parole, di preghiere, è autoipnotica, autocircoscrivente e distruttiva. Il pensiero si isola nel campo di ciò che già conosce, e la risposta alla preghiera è la risposta di ciò che il pensiero già conosce. La meditazione è lontana da tutto ciò. In quel campo il pensiero non può entrare, non c’è nessuna separazione e quindi nessuna identità. La meditazione è all’aperto, non ha segreti. Tutto è esposto, chiaro”.

“Qualsiasi forma di meditazione cosciente non è la cosa che ci vuole: non potrà mai esserlo. Un tentativo deliberato di meditare non è meditazione. Deve accadere, non può essere provocata. La meditazione non è un gioco della mente e neppure del desiderio o del piacere. Tutti i tentativi di meditazione non sono che il suo esatto diniego”.

“Comprendere se stessi è l’inizio della saggezza. La saggezza non si trova nei libri, né nell’esperienza, né nel seguire qualcun altro, né nel ripetere una quantità di banalità. La saggezza perviene a una mente che comprende se stessa, che comprende come è nato il pensiero. Avete mai esaminato o chiesto: qual è l’inizio del pensiero, come si origina il pensiero? Si tratta di una cosa importantissima da capire. Perché se siete in grado di comprendere l’inizio del pensiero, allora forse potete ritrovare una mente che non è oppressa dal pensiero”.

“La percezione priva della parola, cioè priva del pensiero, è uno dei fenomeni più misteriosi. Una tale percezione è molto più acuta, e interessa non solo il cervello, ma tutti gli altri sensi. Non è la percezione frammentaria dell’intelletto, né riguarda le emozioni. Possiamo definirla una percezione totale, ed è parte della meditazione. La percezione senza un soggetto che percepisce in meditazione vuol dire comunicare con l’altezza e la profondità dell’immenso”.

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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