BRAHMAN E ATMAN NELL’ADVAITA VEDANTA

I Veda sono un’antichissima raccolta in sanscrito di testi sacri dei popoli ariani che discesero nell’India settentrionale intorno al 2.200 avanti Cristo.
Vedanta significa letteralmente fine (sanscrito “anta”) dei Veda. In senso ampio questo termine si riferisce alle Upanisad che rappresentano il culmine, il commento ed il completamento dei Veda.
Le Upanisad avevano la caratteristica di “insegnamento segreto” e venivano trasmesse oralmente da maestro a discepolo solo a chi ne fosse degno e solo molto più tardi vennero messe per iscritto.
Tra le scuole filosofiche induiste che rientrano nel sistema del Vedanta, sicuramente la più profonda e concettualmente elevata è quella dell’Advaita Vedanta, che si basa sugli insegnamenti del filosofo Sankara, vissuto a cavallo tra l’ottavo ed il nono secolo dopo Cristo.
Sankara dette l’interpretazione più genuina delle Upanisad : esiste una realtà assoluta ed indipendente, unica, immutabile e reale. Questa realtà è il Brahman delle Upanisad.
Il Brahman determina le apparenze del mondo empirico, ma è anche al di là di queste apparenze, non essendo esaurito da esse.
Da un punto di vista empirico e concettuale, il Brahman è nel Mondo, è immanente. Da un punto di vista assoluto, il Brahman trascende il mondo.
Il Brahman può essere compreso attraverso le Upanisad, ma può essere realizzato solo attraverso una conoscenza diretta ed intuitiva, ottenuta attraverso il lungo cammino della meditazione Yoga.
Il Mondo dunque, con il suo aspetto pluralistico, è apparenza e la percezione nello stato ordinario dell’uomo è illusione.
La grande intuizione di Sankara, tratta anche dalle esperienze riferite dagli asceti che si ritiravano per anni in solitudine nelle foreste, è che nell’uomo è nascosto il Sé (Atman), diverso dall’io empirico, che altro non è che lo stesso Brahman.
la parola “Advaita” significa appunto “non duale” e l’Advaita Vedanta proclama semplicemente l’identità dell’Atman con il Brahman e l’illusorietà di tutto il mondo sensibile: sia l’universo fenomenico, sia la nostra coscienza, sia il corpo, che le nostre esperienze, sono realtà illusoria.
Compito dell’Uomo è di rompere l’illusorio velo di Maya e prendere coscienza di questa identità (illuminazione).
Simbolicamente il velo di Maya ci fa apparire il Brahman con l’aspetto ingannevole del mondo sensibile, costituito dal nostro illusorio io individuale e dagli oggetti della sua percezione, altrettanto illusori.
Non è l’io individuale, ma il Sé, o Atman, in quanto puro soggetto, che è lo stesso Brahman.
Per inciso notiamo che questa dottrina corrisponde alla genuina interpretazione del “conosci te stesso” dell’antica Grecia e del mito della caverna di Platone.
Nel suo stato ordinario, l’uomo, a causa di quella che viene definita “ignoranza”, scambia la vera realtà, il Brahman, per il mondo degli oggetti sensibili: nell’esperienza umana il Brahman non è nascosto o oscurato, ma deformato in qualcosa di diverso da ciò che è.
E’ chiaro che, solo dal punto di vista dell’ “ignorante” esiste questa “ignoranza”. E’ soltanto da questa ignoranza che deriva il Mondo in quanto ci nasconde la vera natura della realtà e ci fa vedere qualcosa d’altro al suo posto.
A questo proposito si immagini un uomo che, camminando nella foresta, vede un serpente seminascosto tra il fogliame del terreno, con tutti i sentimenti che questa visione provoca nella sua mente. Quest’uomo però, anziché fuggire, ha il coraggio di avvicinarsi al serpente e così ha l’occasione di scoprire che non era un rettile, ma una corda sul terreno.
In questo esempio, il serpente rappresenta il mondo sensibile così come lo percepiamo, mentre la corda, cioè la Realtà, è il Brahman.
Noi percepiamo la corda come serpente a causa di quella che abbiamo chiamato “ignoranza” nel senso di uno stato erroneo in cui ci troviamo.
Quando dunque si afferma che il Mondo è prodotto dal Brahman, dobbiamo interpretarlo nel senso che il serpente è “prodotto” dalla corda, ma l’unica vera realtà è la corda.
Bisogna notare che, quando si è scoperto che in realtà il serpente è solo una corda, non si torna indietro nell’errore e nell’illusione: quando si realizza il Brahman, la conoscenza suprema, si acquisisce uno stato definitivo, del tutto analogo a quello che, nel Buddhismo, viene definito col termine “Illuminazione”.
Analogamente, quando sogniamo, siamo convinti che gli oggetti e le persone del sogno sono reali, ma al nostro risveglio riconosciamo la loro illusorietà.
Se non ci si sveglia, non ci si può rendere conto che gli oggetti del sogno sono irreali : nel sogno sono sempre reali. Ma quando ci si sveglia, non si nega l’esistenza degli oggetti del sogno, ma si riconosce semplicemente che gli oggetti del sogno sono oggetti solo nel sogno. essi hanno la loro realtà, ma ora ci si accorge che esiste un livello più alto, cioé la realtà della veglia.
Allo stesso modo riconosciamo come irreali gli oggetti e le persone presenti nel nostro stato di veglia, quando ci risvegliamo da quello che non è altro che un altro tipo di sogno.
Il lungo e difficile percorso della meditazione Yoga o dell’ottuplice sentiero buddhista ha come fine proprio il risveglio dal sogno e l’acquisizione del nostro stato reale.
Forse la cosa più difficile è riconoscere che anche l’io individuale è illusorio ed irreale.
In questa visione erronea della realtà c’è la contrapposizione tra un io che percepisce e gli oggetti che vengono percepiti che, invece, sono solo due poli dell’illusione che si crea all’interno del Sé.
Il vero fondamento dell’io individuale e degli oggetti percepiti dall’io è una realtà che li tracende entrambi, più alta dell’apparenza.
L’esperienza con la quale l’asceta supera il suo io individuale, scopre il vero Sé e la sua identità col Brahman è ineffabile ed incomunicabile, ma alcuni illuminati, per compassione, hanno tentato di mostrare all’uomo la via per raggiungerla, ma il Maestro può solo indicare la via, poi il discepolo dovrà camminare con i propri passi.
Concludiamo questa breve nota con alcune frasi tratte dalle Upanisad che possono essere chiarificatrici di quanto esposto:
https://giuseppemerlino.wordpress.com/2010/10/26/alcune-frasi-tratte-dalle-upanishad/

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Ingegnere Chimico
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