PRINCIPIO ANTROPICO

Il Principio Antropico che andremo ad esporre in questa breve nota è per ora più una speranza che una verità scientifica.
Le poche righe che seguono non hanno niente a che vedere con fantasie religiose e, in una certa misura, neanche con speculazioni filosofiche, ma sono rigorosamente ancorate al metodo scientifico.
I dati di fatto, per ora, ci suggeriscono che l’uomo, ed il “fenomeno vita” in generale, sono un prodotto secondario, casuale e non necessario nell’evoluzione dell’Universo e della Materia.
La vita sarebbe come una specie di cancro della Materia che, in uno o più luoghi dell’Universo, è come se “impazzisse”, proprio come “impazziscono” le cellule di un organismo vivente quando in esso si genera un tumore.
In questo quadro il fenomeno della coscienza sarebbe solo il frutto di una complessa organizzazione della Materia negli organismi viventi più evoluti.
Tutto il fenomeno dell’evoluzione della vita sarebbe dunque soltanto un processo casuale e non necessario.
Il Principio Antropico, invece, nella sua versione “forte”, suggerisce che la vita, e soprattutto la coscienza, siano proprio il fine dell’evoluzione dell’Universo dal Big Bang al tempo attuale, destinata a proseguire nel futuro, chissà con quale punto di arrivo.
L’enunciato più comune del Principio Antropico Forte è il seguente:
“L’Universo deve avere quelle proprietà che permettono alla vita di svilupparsi al suo interno ad un certo punto della sua storia. Deve necessariamente svilupparsi una elaborazione intelligente dell’informazione nell’Universo, e una volta apparsa, questa non si estinguerà mai”. (John D. Barrow e Frank Tipler, 1986)
La base scientifica del Principio Antropico sta nella Meccanica Quantistica, che ha rivalutato la funzione dell’osservatore nel mondo fisico: alla base delle leggi deterministiche della Fisica Classica ci sono le leggi probabilistiche della Meccanica Quantistica. Al momento dell’osservazione, in un’oceano di fluttuazioni probabilistiche, l’osservatore ne percepisce solo una, la sua realtà.
L’osservatore dunque non è indipendente dal fenomeno osservato. Il legame tra la mente umana e l’Universo sembra stretto ed indissolubile.
Detto questo, possiamo ora introdurre il Principio Antropico Debole, sempre nella versione di Barrow e Tipler:
“I valori osservati di tutte le grandezze fisiche e cosmologiche non sono ugualmente probabili; tali grandezze, invece, assumono valori specifici per soddisfare al requisito che esistano luoghi dove possa svilupparsi la vita basata sul carbonio”.
Il Principio Antropico Debole dunque non asserisce che l’Universo abbia come fine la vita cosciente ed intelligente, ma solo che le grandezza fisiche e cosmologiche che favoriscano la nascita della vita sono più probabili.
Nel quadro del Principio Antropico si inseriscono la teoria delle Stringhe ed il concetto di Multiverso. Queste teorie asseriscono che il nostro Universo non è unico, ma parte di una “Superstruttura” costituita da un gran numero di Universi.
Ebbene, tra tanti Universi esistenti, noi vivremmo in uno dei pochi, se non l’unico, le cui leggi sono tali da permettere la nascita della vita e della coscienza.
In effetti, già una piccola variazione delle costanti fisiche fondamentali del nostro Universo, renderebbe impossibile la nascita di qualsiasi forma di vita.
Esaminando le condizioni iniziali del Big Bang, la probabilità che un Universo abbia l’attuale configurazione è una tra un numero enorme e ciò lascia supporre che solo un gran numero di Big Bang, che abbia generato un gran numero di Universi, possa aver generato un Universo con le costanti fisiche adatte alla nascita della vita.
In parole povere, non solo un Universo generico preso a caso non consentirebbe la vita, ma non vi sarebbero possibili neppure gli oggetti astronomici comuni e la materia ordinaria, in particolare il nucleo del carbonio, base del “fenomeno vita”. Il nostro Universo sarebbe dunque una struttura molto improbabile, l’unico, o uno dei pochissimi, in cui possa esistere “qualcuno” in grado di compiere osservazioni.
Implicita nel Principio Antropico vi è ovviamente l’idea che l’evoluzione della vita continui oltre l’uomo, ma su questo non possiamo ancora prevedere nulla, a meno di non voler ricorrere alla Fantascienza ….
Concludiamo osservando che nasce l’idea che l’evoluzione del nostro Universo dal Big Bang ad oggi e verso il futuro, sembra un immane sforzo per andare dalla Materia allo Spirito, come se l’Universo volesse conoscere se stesso.

Informazioni su giuseppemerlino

Ingegnere Chimico
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